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COP27 – L’urgenza di proteggere il clima in un mondo che cambia

È prossima al via la 27° Conferenza delle Parti (COP27) della Convenzione delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (UNFCC), che si terrà dal 6 al 18 novembre in Egitto, a Sharm El Sheikh.

Come sempre, si ripongono grandi aspettative su questi appuntamenti, in cui l’urgenza di agire contro il cambiamento climatico si somma, da un lato, alla verifica degli impegni assunti nelle precedenti edizioni delle Conferenze e, dall’altro, al tentativo di raggiungere obiettivi concreti sulle questioni ancora aperte. Il tutto in un contesto geopolitico per sua natura mutevole, ma che oggi si presenta particolarmente critico e complesso, tra l’invasione militare russa in Ucraina e nuovi protagonismi sul teatro mondiale, con gli inevitabili riflessi sui mercati dell’energia e sulle prospettive della transizione energetica.

Nel 2021 la COP26 di Glasgow ha registrato 40mila delegati e un’attenzione mediatica senza precedenti, e si è chiusa con giudizi contrastanti rispetto ai risultati ottenuti e agli impegni assunti dai partecipanti. Vediamo dunque qual è il punto di partenza della COP27 in relazione ai punti principali dell’agenda dei lavori.

Sul tema della mitigazione a Glasgow è stato ribadito l’impegno a contenere il riscaldamento terrestre entro 1.5°C rispetto ai livelli pre-industriali ed è stato assunto l’impegno ad aggiornare in tal senso gli NDCs (Nationally Determined Contributions) prima dell’apertura dei lavori della COP27. Al momento però sono solo 25 i dossier presentati.

Per quanto riguarda l’adattamento, il “Global Goal on Adaptation”, volto a definire gli indicatori per monitorare le azioni di adattamento messe in atto dai singoli Paesi, è uno dei principali risultati di Glasgow. Per rendere effettivo questo secondo pilastro delle politiche climatiche nazionali, previsto fin dall’Accordo di Parigi, rimane però ancora molta strada da fare. Se ne discuterà alla COP27.

Per l’istituzione di un sistema di responsabilità, risarcimento e compensazione per i danni causati dal cambiamento climatico (Loss & Damages), nonostante se ne discuta ormai da trent’anni, non è stato raggiunto un accordo neppure a Glasgow. La questione è sul tavolo negoziale della COP27.

Infine, per quanto concerne la finanza climatica, la COP26 si è chiusa senza un consenso rispetto alla garanzia del finanziamento di 100 miliardi di dollari a favore dei paesi in via di sviluppo e anche questo risulta un punto aperto per la COP27.

È evidente che le strategie di contrasto al cambiamento climatico devono basarsi su un consenso condiviso, sistemico e globale. COP27 si pone dunque l’obiettivo di garantire collaborazioni multilaterali, atte a tradurre gli accordi di Glasgow, e i nuovi che verranno, in un piano di azione concreto, immediatamente attuabile. Ciò anche in considerazione dell’attuale contesto geopolitico, le cui criticità sono note a tutti.

Proviamo intanto a capire, sulla base di alcune evidenze, qual è la distanza che si registra tra gli impegni assunti, i comportamenti attuati e le indicazioni della scienza. Partiamo dal recente Emission Gap Report 2022 di UNEP – United Nations Environment Programme, dal titolo evocativo “The Closing Window. Climate crisis calls for rapid transformation of societies”. Lì si comprende facilmente a che punto siamo rispetto al raggiungimento degli obiettivi dell’Accordo di Parigi: le azioni fin qui annunciate, infatti, porterebbero la temperatura media terrestre a fine secolo a +2,5°C rispetto ai livelli pre-industriali. Per conseguire l’obiettivo di contenere il riscaldamento entro 1,5°C, si stima sia necessaria una riduzione globale entro il 2030 del 45% delle attuali emissioni di gas climalteranti (o del 30% qualora l’obiettivo fosse posto a 2°C).

Lo stesso Emissions Gap Report 2022, rispetto all’Italia, evidenzia come il percorso di decarbonizzazione del nostro Paese, nella pur registrata coerenza tra principi e obiettivi, richieda maggiore chiarezza rispetto allo scopo, al perimetro d’azione e alla strategia.

La scienza del clima rinnova quindi l’urgenza di un cambio di passo nella mitigazione, che dovrà essere adeguatamente sostenuto da una riforma del sistema finanziario, per favorire cambiamenti strutturali nell’approvvigionamento energetico, nell’industria, nel settore dei trasporti, nel patrimonio abitativo e nella filiera agro-alimentare.

Il contesto geopolitico d’altro canto ci impone di riflettere sugli effetti della crisi energetica mondiale, che ha interessato la seconda parte del 2021 e tutto il 2022. È noto, infatti, come anche i governi più favorevoli a una rapida transizione energetica si siano trovati a ricorrere più massicciamente a fonti fossili, al fine di garantire l’indipendenza energetica nel breve termine. COP27, da occasione di aggiornamento e verifica rispetto al processo negoziale sulla lotta al cambiamento climatico, diventa dunque un test fondamentale, specie per i Paesi occidentali, sugli equilibri che verranno a determinarsi tra ambizione climatica e sicurezza energetica. Già le prime indicazioni sulla composizione delle delegazioni lasciano intendere il rilievo che il contesto geopolitico è destinato giocare sull’esito dei negoziati di Sharm El Sheikh.