La European CFO Survey di Deloitte, che due volte l’anno raccoglie e analizza le opinioni dei Chief Financial Officer di tutta Europa, giunge alla sua 21ª edizione con un focus aggiornato sul sentiment dei CFO italiani. L'analisi, che ha coinvolto oltre 1.500 dirigenti finanziari in 14 Paesi, evidenzia un peggioramento diffuso dell’ottimismo rispetto all’autunno scorso, con una crescente prudenza in materia di investimenti, assunzioni e assunzione di rischio.
Il contesto macroeconomico resta complesso: l’inflazione torna a crescere, i costi aumentano e l’incertezza geopolitica condiziona le decisioni aziendali. In Italia, sebbene la fiducia finanziaria risulti in calo, si mantengono segnali positivi sul fronte dei margini e dell’occupazione. Il report offre un’analisi dettagliata delle prospettive economiche, delle principali criticità e delle priorità strategiche individuate dai CFO per affrontare le sfide attuali.
Nel confronto con l’autunno 2024, solo il 23% dei CFO europei si dichiara oggi più ottimista sulle prospettive finanziarie della propria azienda, mentre sale al 33% la quota dei pessimisti. In Italia, prevale un atteggiamento attendista: il 59% dei rispondenti manifesta una visione neutra e cala di 6 punti percentuali la quota di ottimisti. Il settore automotive e quello dei beni di consumo sono quelli che registrano i livelli più bassi di fiducia.
Nonostante il clima incerto, la maggioranza dei CFO europei prevede una crescita dei ricavi nei prossimi 12 mesi. In Italia, il 53% stima un incremento, dato in linea con la media continentale. Più cauto il giudizio sui margini operativi, che vede i CFO italiani più fiduciosi rispetto ai colleghi europei: il 47% prevede un aumento, contro una media UE del 33%. Gli investimenti in capitale (CAPEX) restano prudenti: il 34% degli italiani prevede un incremento, mentre il 44% non prevede variazioni.
Mentre in Europa solo il 25% dei CFO prevede di aumentare l’organico, in Italia questa percentuale sale al 41%. Tuttavia, il contesto di rischio si fa più gravoso: il 67% dei CFO italiani percepisce un livello elevato di incertezza esterna, e solo il 20% ritiene che questo sia un momento adatto per assumersi maggiori rischi finanziari. La propensione al rischio, in passato più alta tra i CFO italiani, è in netto calo.
Per l’86% dei Paesi analizzati, i rischi geopolitici rappresentano oggi la principale fonte di preoccupazione, superando persino i livelli registrati all’inizio della guerra in Ucraina. Seguono la stagnazione economica e il rischio cyber, che guadagna rilevanza in un contesto sempre più digitalizzato. In Italia, la crescita economica debole (63%) e l’aumento dei costi (51%) sono i rischi più citati, seguiti dalle tensioni geopolitiche (50%) e dai rincari delle materie prime (33%).
Il contenimento dei costi si conferma la priorità assoluta per i CFO italiani (39%), seguito da digitalizzazione e innovazione (34%) e dalla crescita organica (30%). La trasformazione digitale è vista come leva chiave per l’efficienza, ma viene raccomandato un approccio orientato ai risultati. La crescita inorganica perde attrattività rispetto al passato, a testimonianza di un clima di cautela che permea anche le strategie espansive.
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