Il ritorno dell’inflazione a doppia cifra, le nuove regole della supply chain, la necessità di risorse di talento e i profondi cambiamenti della domanda: sono queste alcune delle principali sfide per il comparto citate dagli executive intervistati nella ricerca Consumer Products Industry Outlook. Sullo sfondo rimangono le criticità comuni a tutti i settori, come l’instabilità geopolitica, la ripresa economica, la sensibilità per l’ambiente e i cambiamenti climatici.
Nel parliamo con Eugenio Puddu, Deloitte Consumer Products Leader.
Mentre 8 aziende su 10 in tutto il mondo intendono far fronte ai rincari dei costi aumentando ulteriormente i prezzi nel 2023, il 48% degli intervistati ritiene che questo approccio potrà incidere sull’effettiva domanda di beni e servizi. Nel mercato italiano, tuttavia, le reazioni potrebbero essere differenti, poiché l’effetto prezzi e l’inflazione non sono nuovi fenomeni.
L’alto livello di inflazione conosciuto da diverse generazioni rende i consumatori italiani meno spaventati e meno sensibili agli aumenti in atto rispetto ad altri Paesi, con effetti tangibili sui pattern di spesa. D’altra parte, però, nonostante alcuni segnali suggeriscano un iniziale calo dell’inflazione in Italia, la situazione è ancora incerta e ci vorrà tempo affinché si stabilizzi.
Tra gli elementi di particolare attenzione, con riguardo alla supply chain, le realtà intervistate individuano diversi aspetti, tra cui le modalità di collaborazione con i fornitori, sia per le garanzie di consegna (57%) sia per lo sviluppo delle relazioni commerciali (47%), ma anche l’acquisizione di dati necessari per condurre attività di reporting per verificare la compliance a criteri di sostenibilità, normativi o di sicurezza. Anche in ragione di queste considerazioni, più di 9 aziende su 10 dichiarano di dedicare risorse per migliorare la supply chain e l’eccellenza operativa.
Nel nostro Paese, gli investimenti per garantire la trasparenza dei dati stanno diventando una priorità per le aziende, soprattutto con l’affermarsi del canale e-commerce. Poter dimostrare le origini di un prodotto può essere una potente leva per il brand Made in Italy, che è un obiettivo prioritario anche per il Governo. In un dialogo diretto con il consumatore, quindi, la piena trasparenza è essenziale: proprio la connessione con il modello direct-to-consumer rende la digitalizzazione della filiera il modo migliore per garantire la trasparenza dei dati.
Tale considerazione si ricollega alle evidenze della ricerca: 9 aziende su 10 che stanno realizzando una crescita profittevole investono in questo ambito e il 76% dichiara di avere come obiettivo la raccolta e la condivisione dei dati a beneficio di tutti gli stakeholder, dai consumatori ai partner.
In uno scenario incerto, il miglior indicatore di successo è rappresentato dalle organizzazioni che stanno riuscendo ad accrescere la propria profittabilità, nonostante la stretta finanziaria e i continui cambiamenti di contesto. Adeguarsi alle mutevoli esigenze dei consumatori è un fattore distintivo per la quasi totalità delle imprese profittevoli (93%), che lo pongono in cima alle proprie priorità. All’atto pratico, queste realtà stanno investendo in modo significativo sul digitale per creare engagement e personalizzazione, ad esempio attraverso l’apertura o il potenziamento canali direct-to-consumer (93%), l’innovazione di prodotto o l’analisi dei dati per identificare nuove opportunità di mercato (77% ciascuna). In Italia, l’adozione dell’e-commerce da parte sia dei consumatori sia delle aziende è una tendenza particolarmente rilevante.
In seguito al periodo più duro della pandemia da COVID-19, abbiamo assistito a un aumento a doppia cifra su base annua del valore delle vendite sul canale e-commerce. Oggi, gli sforzi di molti dei nostri clienti si stanno concentrando sull’implementazione di strategie direct-to-consumer, trasformando così un canale considerato un tempo marginale in una vera priorità.
Per le aziende in crescita, affrontare in modo efficace l’evoluzione della domanda richiede di trasformare creativamente il modello di business, facendo leva, a seconda delle necessità, sull’integrazione verticale di parti della filiera d’appartenenza (68%) o su cessioni e ottimizzazione del portafoglio (66%). In Italia, stiamo osservando la diffusione di operazioni di integrazione verticale e orizzontale: questo fenomeno accade anche perché le aziende più piccole e indipendenti preferiscono diventare parte di un sistema più ampio piuttosto che affrontare da sole le incertezze portate dalle sfide globali. A ciò si aggiunge che le operazioni di fusione e acquisizione (M&A) sono ancora principalmente locali, con il numero di deal tra attori nazionali che negli ultimi anni ha superato di due o tre volte quelle con controparte internazionale.
Nel nostro Paese, contiamo attualmente un numero limitato di investitori stranieri, ma abbiamo il potenziale per invertire questo trend: nel 2023 e 2024 ci aspettiamo di osservare maggiori investimenti da parte di aziende internazionali in imprese italiane più piccole, che dovranno tuttavia essere molto distintive nei prodotti e nei brand. Nel settore dei prodotti di consumo, in particolare, le aziende considerano le operazioni M&A come un percorso da intraprendere non solo per aumentare le quote di mercato e per poter navigare più agevolmente sui mercati internazionali, ma anche per innovare le linee di prodotto e i modelli di collaborazione più tradizionali. All’interno della rete, le aziende vogliono sviluppare nuove partnership e forme di collaborazione, in modo da coprire trasversalmente le singole parti della catena del valore.
Secondo quanto emerso dalla ricerca, le aziende profittevoli manifestano una maggiore consapevolezza in ambito sostenibilità, essendo fortemente impegnate nel perseguire gli obiettivi ESG. I partecipanti alla ricerca si sono dimostrati più propensi della media a investire per migliorare la propria attività di reporting ESG (83%) o sui temi di diversity, equity, and inclusion (75%), oltre che a sviluppare e partecipare a modelli di economia circolare (68%). Inoltre, mai come in questo momento l’attenzione verso le tematiche di sostenibilità è diventata prioritaria anche per le aziende italiane.
Con le novità normative che entreranno in vigore a partire dal 2024 – sia a livello nazionale che europeo – per le aziende diverrà obbligatorio divulgare regolarmente informazioni sul proprio impatto sociale e ambientale. In previsione di ciò, oltre che in risposta alle richieste dei consumatori di maggiore trasparenza in materia di sostenibilità, molte aziende del nostro Paese hanno già intrapreso un percorso che va in questa direzione, fornendo volontariamente tali informazioni.
Esplora i fattori distintivi delle aziende profittevoli
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