Una volta superata la crisi che stiamo vivendo le aziende italiane dovranno farsi trovare pronte rispetto a una concorrenza in forte ripresa all’estero. Per farlo hanno la necessità di strutturarsi diversamente da un punto di vista finanziario, anche tramite strumenti di alternative lending che possono consentire di ridefinire la struttura di capitale in modo più efficiente e quindi acquisire competitività.
Il mercato del private debt ha svolto un ruolo rilevante in un 2020 funestato dalla pandemia, portando finanziamenti alle piccole e medie imprese in un periodo drammatico. Il mercato a livello nazionale ha presentato un trend positivo, con 410 transazioni realizzate nel corso dell’anno scorso rispetto alle 253 transazioni registrate durante l’esercizio precedente, anche se con una riduzione del ticket medio d’investimento, come emerso in occasione dell’evento digitale organizzato da AIFI, l'Associazione Italiana del Private Equity, Venture Capital e Private Debt.
In questa fase va monitorato il rischio di squilibrio della struttura finanziaria delle imprese italiane, come ha ricordato nell’audizione alla Camera Alessio De Vincenzo, Capo del Servizio Stabilità finanziaria di Banca d’Italia. “Sarebbe importante favorire l’erogazione dei prestiti alle imprese più piccole, che tendono generalmente a incontrare maggiori difficoltà nell'accesso al credito” ha aggiunto, ipotizzando una revisione graduale delle misure a sostegno del credito per concentrare le risorse sulle aziende più colpite dalla crisi e sulle PMI.
Allo studio ci sono diversi meccanismi in grado di incentivare selezione e auto-selezione da parte di imprese e intermediari, come la modifica delle condizioni di accesso alla garanzia statale; l’indirizzo dei fondi pubblici verso le aziende con buone prospettive ma più colpite dalla crisi; l’opportunità di mantenere o ampliare l'accesso ai prestiti garantiti dopo la scadenza della moratoria ex lege per le imprese aderenti.
Non c’è dubbio che - come già ricordato dal Presidente della Repubblica - “il ruolo del mercato sia centrale nel processo di ripresa e bisogna favorire il rafforzamento patrimoniale delle imprese, la loro crescita dimensionale, per sostenere la competitività e la capacità di investire e innovare nel nuovo contesto”. In tempi di crisi, la domanda è cresciuta e si è spostata sul debito a medio e lungo termine sostanzialmente per due ragioni. Saranno necessari diversi anni per coprire il gap di finanza che si è creato quest’anno; e poi perché le aziende si ritrovano di fronte alla sfida chiave di dover cambiare il modello di business. Quest’ultima novità vuol dire nuove linee di produzione e sistemi di distribuzione rinnovati; quindi avere il private debt al proprio fianco può sicuramente rappresentare un fattore di forza in più. Allo stesso tempo anche l’offerta sta cambiando - non può essere altrimenti - perché ormai le banche vedono sempre di più i private debt come loro partner nell’erogazione del debito. I private debt devono diventare complementari alle misure di sistema a sostegno delle aziende, in primis con i fondi europei in arrivo grazie al piano di rilancio Next Generation Eu.
In modo inevitabile il livello d’indebitamento delle imprese è cresciuto per ragioni straordinarie dovute alla diffusione del virus e inoltre come fatto notare da Banca d’Italia nel rapporto “L’economia delle regioni italiane” si è registrato ovunque un incremento della quota di società di capitali in condizioni di insufficienza patrimoniale, con un dato allarmante del 12,4% a livello nazionale. Le aziende che hanno incontrato difficoltà in questo anno di pandemia, si sono necessariamente dovute confrontare con nuovi soggetti finanziatori e diverse strutture finanziarie, anche a fronte di minore disponibilità da parte del sistema bancario a finanziare situazioni di calo di business. Ed è qui che il capitale di debito sta giocando il suo ruolo, supportando e rilanciando l’economia reale verso l’agognato ritorno a un orizzonte di investimenti e sviluppo per tutto il sistema imprenditoriale italiano.