Non intervenire sulle singole imprese o su specifici settori economici, ma creare i presupposti necessari per il rilancio collettivo del nostro Paese. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, presentato al Parlamento nei giorni scorsi dal Premier Mario Draghi, si pone un obiettivo ambizioso all’altezza delle sue potenzialità: rinverdire i fasti di un nuovo miracolo economico italiano.
Sicuramente quello del Secondo Dopoguerra è stato il frutto di un contesto geopolitico e sociale molto diverso da quello attuale, ma ad ogni modo oggi le persone avvertono l’esigenza di importanti cambiamenti strutturali. Dall’innovazione e la digitalizzazione al rafforzamento delle infrastrutture, dall’istruzione e la ricerca alla salute, senza tralasciare tematiche sempre più rilevanti quali l’inclusione sociale e la transizione ecologica. Tutti aspetti attentamente trattati nelle sei missioni che si pone il Pnrr congiuntamente alle riforme della pubblica amministrazione e della giustizia. Dietro alle imprese ci sono le persone, la spinta per la ripartenza arriva dalla collettività dopo aver dimostrato per lunghi mesi resilienza e abilità nel fronteggiare i periodi più complessi. Non a caso il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha parlato delle risorse europee non solo come base per ripartire, ma come “trampolino di lancio per un salto in avanti, verso la rinascita della nostra comunità attraverso uno sforzo corale delle istituzioni e delle forze economiche e sociali”.
Mi sento di dire che il Pnrr non sarà un fenomeno isolato. Vedrà in campo tanti operatori internazionali, fondi di investimento e istituzioni finanziarie che faranno da volano. Oggi ci sono molti operatori che sono pronti a investire in progetti di ricerca e innovazione o in iniziative di utilità sociale. Proprio in questi giorni Deloitte ha annunciato l’avvio di una partnership con primari operatori di mercato, quali ad esempio Redo Sgr i cui principali azionisti sono Cdp e Intesa Sanpaolo, per lo sviluppo di progetti aventi a oggetto social housing, residenze universitarie convenzionate, infrastrutture sociali, operazioni di rigenerazione urbana e recupero di immobili inutilizzati a Milano e nelle principali città lombarde.
Questo è un segnale che fondi di investimento e istituzioni finanziarie sono pronte ad aprirsi a nuove iniziative con orizzonti di investimento di lungo termine. Iniziative che non guardano solo alle aziende, ma alle persone che ci sono dietro alle aziende. Bisogni nuovi che cambieranno i modelli operativi delle aziende per soddisfare in modo diverso le esigenze di clienti e stakeholder. Quando si pensa alla crisi attuale non bisogna pensare tanto a situazioni patologiche, quanto alla possibilità di crescere e innovare i business perché, come sottolineato di recente dalla Banca d’Italia, “sostenere nel tempo gli effetti sulla crescita degli interventi previsti nell'ambito del Pnrr richiede attenzione alla loro efficacia nell'aumentare non solo la domanda aggregata, ma anche la capacità produttiva del Paese e che le riforme previste abbiano concreta attuazione".
Sarà un percorso lungo, le aziende dovranno essere in grado di fare una pianificazione strategica a lungo termine – cinque/dieci anni - e gli investitori dovranno essere in grado di sostenere le iniziative lungo questo percorso temporale. Infine a completare il panorama sulle prospettive future per il nostro Paese, ricordo che ci sono molti fondi d’investimento con ingenti somme di liquidità, che monitorano costantemente il mercato alla ricerca di aziende pronte a mettersi in gioco e a cambiare pelle al fine di rispondere ai nuovi bisogni scaturiti dalla pandemia. Cogliere in anticipo questi segnali di cambiamento significa ripartire già con una marcia in più.