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Umanesimo digitale, stella polare della ripresa

La lezione del Covid-19 per gli innovatori: disegnare il New Normal mettendo al centro i bisogni delle persone

Improvvisa, senza precedenti, globale. La pandemia da nuovo Coronavirusha travolto il mondo intero e, per la prima volta nella storia, ha allineato tutti i governi della Terra sulla stessa priorità: sconfiggere il Covid-19 e rilanciare l’economia. Una sfida gigantesca in cui il ruolo della tecnologia e dell’innovazione si è rivelato di importanza critica. Grazie ai data analytics, all’intelligenza artificiale, alle telecomunicazioni digitali, alle più avanzate frontiere biotecnologiche – solo per fare alcuni esempi – siamo riusciti a mitigare l’impatto di una pandemia altrimenti molto più devastante. Ma per fare in modo che l’innovazione sia rispondente al contesto determinato dalla pandemia bisogna cambiare approccio. Se c’è una prima grande lezione che questa crisi ci ha lasciato, è che l’innovazione esponenziale – fine a se stessa, distante dalle reali esigenze delle persone – deve essere ripensata: per il New Normal che ci attende bisogna puntare su un’innovazione antropocentrica. Un’innovazione capace di mettere i bisogni delle persone al centro e di assicurare una sostenibilità umana.

Il Covid-19 e l’innovazione

 

Con le restrizioni imposte dalla pandemia, la digitalizzazione, in Italia e in molti altri Paesi, ha registrato un vero e proprio boom. In pochi mesi è successo quello che, in condizioni normali, sarebbe avvenuto nel corso di anni. Secondo la ricerca esclusiva che abbiamo presentato durante la quarta edizione del nostro Innovation Summit, il 34% degli italiani ha scoperto lo shopping online e il 32% ha usato per la prima volta l’e-banking. Il 40% degli intervistati pensa che utilizzerà i canali di vendita digitali anche in futuro. Numeri molto significativi e trasversali a tutte le fasce d’età: il 59%dei pensionati ha capito che le innovazioni digitali non sono difficili da utilizzare. Un dato niente affatto banale, se si considera che l’Italia è il Paese più vecchio d’Europa, registrando un 23,1% della popolazione con 65 anni o più[1].

In questo test di massa che è stata la pandemia, però, abbiamo anche capito cosa non ha funzionato. Secondo la nostra indagine, l’innovazione spesso non è efficace senza integrazione tra dimensione digitale e dimensione fisica: il 44% degli italiani da noi intervistati, infatti, dichiara di preferire un mix tra canale fisico e digitale per lo shopping. Solo il 18% degli italiani che sceglie canali esclusivamente fisici per lo shopping non utilizzerebbe il digitale per preservare l’aspetto relazionale. Inoltre, per il 55% degli intervistati l’uso massivo della tecnologia ha portato a un maggiore bisogno di contatto umano e il 36% ritiene che il processo di digitalizzazione non consideri sufficientemente questo aspetto.

Come emerge da queste rilevazioni, serve un nuovo approccio all’innovazione, che sia antropocentrico: il valore generato sarà tanto maggiore quanto più usiamo il capitale umano, incentiviamo la creatività e apriamo le imprese alla collaborazione e al trasferimento tecnologico. L’elemento umano deve essere il perno su cui ruotano le azioni per disegnare modelli di innovazione ibridi, in cui dimensione fisica e virtuale siano bilanciati.

Usciremo da questa crisi solo se innoviamo e se innoviamo evitando la deriva tecnologica. Perché come anche dicevano i latini, tempora mutantur, et nos mutamur in illis. I tempi cambiano, e noi cambiamo con loro.

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