Next Generation EU (NGEU) non rappresenta soltanto uno stimolo alla ripresa post-pandemica. Avrà un compito ancor più prezioso nel definire, in modo chiaro e univoco, la traiettoria di sviluppo futuro di un’Europa digitale, verde, coesa e resiliente e di correggere i principali squilibri attualmente presenti in Europa. Nei mesi che verranno cominceremo a percepire i primi benefici, non solo dal punto di vista economico, ma anche sociale, di questo piano a lungo termine, soprattutto se i vari Paesi si dimostreranno in grado di gestire al meglio le recidive della pandemia. Tuttavia, affinché il Programma NGEU possa davvero avviare un cambiamento a 360 gradi, che trascenda anche i confini dell’UE, è fondamentale per le istituzioni nazionali e sovranazionali monitorare con grande attenzione gli sviluppi relativi all’utilizzo dei fondi comunitari. Ma cosa pensano i cittadini a questo proposito? A quanto pare gli europei ripongono grande fiducia in quanto si sta facendo, come dimostrato dall’indagine Deloitte - “Next Generation EU funding and the future of Europe” che ha misurato il grado di fiducia della popolazione europea e le loro aspettative generali sul prossimo futuro.
Dopo un lungo difficile periodo, lo studio registra un clima di fiducia generale, in cui il 74% dei cittadini europei intervistati ritiene che entro il 2022 inizierà una solida ripresa economica, che interesserà tutto il continente europeo. Un dato confermato anche dalle stime della Commissione Europea, secondo cui il PIL dell’UE tornerà al suo livello pre-crisi entro il 2022. La ripresa potrà essere ulteriormente agevolata e stimolata da una precisa e sinergica spesa dei fondi riconducibili al Programma NGEU e dal conseguente effetto volano. Qualche dato esemplificativo:
La pandemia ed i suoi effetti hanno impattato direttamente la quotidianità e le aspettative degli individui in molteplici ambiti, determinandone un cambiamento dei comportamenti al di là delle prescrizioni di legge. I nuovi paradigmi sociali ed economici che si sono affermati a seguito della pandemia descrivono un mondo e un modello di vita, caratterizzato da una digitalizzazione sempre più pervasiva e da una crescente sensibilità verso temi di sostenibilità, che le istituzioni non possono più ignorare e devono assecondare.
La ricerca Deloitte sottolinea come, in linea con quanto riportato nei vari Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza (PNRR), i principali interventi a livello strutturale, a cui dare priorità per la ripresa, devono essere indirizzati a favorire la digitalizzazione e innovazione a sostegno di persone e aziende (49%) e a supportare la transizione ecologica per preservare l'ambiente naturale per le generazioni future (44%).
La transizione digitale e quella ecologica sono dunque i pilastri della nuova Europa in cui convergono le aspettative e le richieste generali dei cittadini anche se non manca un certo livello di eterogeneità, riconducibile a pattern di specializzazione e livelli di maturità dei vari Stati Membri. Ad esempio, i cittadini italiani (59%) pongono maggiore enfasi sull’importanza della digitalizzazione, quale area strategica per il rilancio. Un dato questo, che evidenzia già la necessità di chiudere un gap con altri stati Membri: secondo le ultime rilevazioni, l’Italia si colloca in 25° posizione (su 28) in base al c.d. Indice di digitalizzazione dell’economia e della società (DESI) con un punteggio di oltre 9 punti inferiore alla media UE.[2] Gli olandesi, invece, danno priorità al tema della transizione verde (56%), confermando la centralità del tema ambientale per il Paese, che già nella seconda metà degli anni Ottanta del secolo scorso aveva messo a punto il primo piano di politica ambientale.[3]
Le restrizioni, imposte dalla pandemia, hanno portato le persone, a scoprire e sperimentare i benefici delle tecnologie digitali, determinando un significativo aumento del loro utilizzo. I cittadini europei non solo hanno abbracciato uno stile di vita sempre più digitalizzato, ma hanno anche espresso il desiderio di rendere duraturo questo cambiamento. Dalla ricerca Deloitte emerge che solo il 12% del campione intervistato riferisce difficoltà nell’adeguarsi ad un contesto sempre più digitale e più del 50% (60% nel caso del Regno Unito) degli intervistati dichiara che continuerà a usare soluzioni digitali, ad esempio, per acquistare beni o servizi (e-commerce, digital banking, etc.), connettersi con altri soggetti, o sviluppare nuove competenze.
I fondi NGEU dovranno essere utilizzati da parte dei Governi degli Stati Membri al fine di creare un contesto in cui digitalizzazione e innovazione possano essere pienamente sfruttate non solo dai cittadini ma anche dalle aziende. Ad oggi, infatti, solo 4 cittadini su 10 in Europa si dichiarano soddisfatti in merito al livello complessivo di digitalizzazione del proprio Paese. Gli stati membri, dove il livello di soddisfazione medio risulta essere più basso, sono: Germania (21%), Italia (26%) e Grecia (27%). Registriamo quindi una forte corrispondenza fra il percepito dei cittadini e le linee guida dei singoli PNRR: infatti sono proprio queste nazioni a destinare alla transizione digitale la quota maggiore dei finanziamenti NGEU (Italia: €47 mld; Germania: €14.6 mld; Grecia €7,1 mld).
Secondo la ricerca Deloitte, le aree d’intervento prioritarie in UE, includono il potenziamento della pubblica amministrazione attraverso l’erogazione di servizi sempre più digitali (49%), il rafforzamento della sicurezza informatica ed in particolare della data privacy (42%), il miglioramento delle competenze digitali dei singoli (40%) e una diffusione capillare delle reti di comunicazione (31%). Tutti temi questi che si ripropongono anche nel Regno Unito.
Nonostante le criticità relative all’ambito economico e sanitario degli ultimi mesi, l’urgenza di agire per contrastare il cambiamento climatico non è passata in secondo piano. Anzi, durante la pandemia, la consapevolezza ambientale delle persone è cresciuta. Quasi la metà degli intervistati da Deloitte afferma di essersi già impegnata a cambiare il proprio comportamento verso uno stile di vita e di consumo più equo e sostenibile e di non volerlo abbandonare. Il fatto più interessante per noi è che il Paese dove la svolta ‘green’ risulta più marcata è proprio l’Italia, dove 6 cittadini su 10 hanno dichiarato di aver modificato il proprio comportamento per promuovere la sostenibilità.
Il suddetto cambiamento si sta manifestando attraverso una crescente adozione di comportamenti virtuosi, come ad esempio l’impegno nel riciclaggio/compostaggio (68%), la riduzione degli sprechi energetici e del consumo di risorse (54%), la scelta verso mezzi di trasporto a basso impatto ambientale (36%) e una maggiore attenzione all’efficientamento energetico delle proprie abitazioni (36%).
Secondo i cittadini intervistati, le aree d’intervento prioritarie verso cui gli Stati Membri dovrebbero concentrare la propria attenzione e i propri fondi al fine di correggere gli squilibri ambientali e generare un impatto positivo sulla produttività includono:
Tutte queste aree d’intervento, suggerite dai cittadini UE, trovano riscontro nelle linee guida dei PNRR dei Paesi, a cui sono destinate quote rilevanti del budget NGEU – ad es. Danimarca, Belgio e Francia intendono destinare rispettivamente il 59%, il 50% e il 46% del totale.
[1] “2° rapporto retail - 2021”, Confimprese-Censis, ottobre 2021.
[2] “The digital Economy society Index (DESI) 2020”, Commissione Europea, 2021.
[3] “Concern for Tomorrow”, 1988.
[4] “Renewable energy statistics”, Eurostat, dicembre 2020.
[5] “EU unveils plan to increase renewables share in energy mix to 40% by 2030”, Reuters, luglio 2021.
[6] “New cars registrations by fuel type, European Union”, ACEA, ottobre 2021.
[7] “Environment – Waste and recycling”, Commissione Europea, 2021.