Le 100 più grandi aziende di beni di lusso al mondo hanno generato vendite per 217 miliardi di dollari nel FY2016, con una media di 2,2 miliardi di dollari per società.
È quanto emerge dalla quinta edizione del Global Powers of Luxury Goods, lo studio annuale di Deloitte, presentato in esclusiva a Venezia al Financial Times Luxury Summit da Patrizia Arienti, Deloitte EMEA Region Fashion & Luxury, che esamina e classifica i 100 Top Player del settore Fashion & Luxury a livello globale, sulla base delle vendite consolidate nell'anno fiscale 2016 (che definiamo come l’esercizio finanziario di 12 mesi relativo all’anno solare 2016, con inclusione dei risultati finanziari delle società che chiudono la rendicontazione al 30 giugno 2017).
I cinque migliori player del lusso - LVMH Moët Hennessy Louis Vuitton SE, The Estée Lauder Companies Inc., Compagnie Financière Richemont SA, Luxottica Group SpA e Kering SA - hanno riaffermato la propria leadership in classifica.A tassi di cambio costanti, il tasso di crescita per i primi 100 player è stato dell'1,0%, 5,8 punti percentuali in meno rispetto al 6,8% della crescita ottenuta da queste società nell'anno precedente.
Le vendite aggregate delle multinazionali del lusso che occupano le prime dieci posizioni della classifica stilata da Deloitte rappresentano quasi la metà del totale (47,2%). Complessivamente, le aziende italiane della Top 100 realizzano il 16% dei ricavi totali globali. Luxottica, al quarto posto, è l’unica azienda italiana presente in Top Ten e l'Italia si conferma Paese leader nel settore, posizionando ben 24 aziende tra le 100 che costituiscono la graduatoria. Sempre il nostro Paese, poi, ospita il maggior numero di aziende (6 su 20) con il tasso di crescita composto (FY14-FY16) più elevato, tra le quali spiccano Valentino e Furla, che si ritagliano un ruolo da protagonista della classifica Top20 Fastest Growing Companies.
Il nodo della dimensione: il peso specifico dei gruppi italiani è inferiore a quello dei competitor internazionali
I dati medi, però, evidenziano anche delle caratteristiche strutturali non sempre favorevoli, almeno a livello di scenario. Infatti, in termini di fatturato, il perimetro medio delle aziende italiane è pari a 1,4 miliardi di dollari. Per le realtà francesi, invece, il dato medio di riferimento – sempre in termini di fatturato – è di 5,8 miliardi. Negli Usa, questo valore è più basso (3,4 miliardi $) ma risulta comunque più che doppio rispetto alle realtà italiane. E lo stesso vale nel raffronto con i gruppi svizzeri (anche in questo caso il dato medio sui ricavi si attesta poco sopra i 3 miliardi $).
In termini di volume medio, tuttavia, i gruppi italiani hanno valori superiori a quelli di Spagna (il doppio), Germania e UK, inserendo nel proprio mirino le multinazionali con sede in Cina.
In conclusione, guardando alle categorie prodotto delle 100 aziende analizzate da Deloitte, si registra una lieve crescita per il settore dell'abbigliamento e delle calzature (0,2%), e per borse e accessori (3,4%).
Il 2016 è stato, invece, molto positivo per il settore cosmetica e profumeria (7,6%), risultando però particolarmente difficile per il comparto orologi e gioielleria (-4,0%).
"Il mercato del lusso è reduce da un periodo di incertezza economica, caratterizzato dalle crisi geopolitiche del 2016: nonostante ciò, è stato raggiunto un fatturato annuo di 1 trilione di dollari alla fine del 2017", ha affermato Patrizia Arienti, Deloitte EMEA Region Fashion & Luxury Leader. "Se la crescita totale del mercato globale in futuro sarà a singola o doppia cifra dipenderà da molte variabili, inclusi i fattori geopolitici e il loro impatto sul turismo. Ciò che è certo è che la crescita per il mercato dei beni di lusso continuerà, a differenza di molti altri settori. Il fatto che, nella Top100, un’azienda su quattro sia italiana dimostra come il Made in Italy sia ancora un fattore competitivo di successo a livello globale: in futuro, la maggiore sfida che le aziende del lusso del nostro Paese saranno chiamate ad affrontare sarà essere in grado di coniugare tradizione ed esclusività del prodotto con strategie e modelli di business innovativi, finalizzati a rispondere alle mutate esigenze del consumatore".