Secondo una recente rilevazione Deloitte, quasi otto italiani su dieci si dichiarano preoccupati dall’aumento del costo della vita e dall’inflazione. I timori riguardano quasi tutte le categorie di prodotti, ma c’è un dato riguardante il comparto Auto da cui si evince come la maggioranza dei nostri connazionali (57%) si dichiari intenzionata a rimandare gli investimenti e gli acquisti più onerosi a tempi di maggior sicurezza economica. In parallelo, l’aumento del costo di utilizzo dei veicoli - per esempio il prezzo della benzina - sta riducendo l’intenzione degli italiani di utilizzare più spesso la propria auto (8%), mentre risulta in crescita la quota di chi prevede di ricorrere maggiormente al trasporto pubblico (13%).
A causa di questa situazione il settore Auto deve affrontare una confluenza di fattori e cambiamenti dirompenti, che rendono più complesso l’equilibrio tra offerta e domanda di mercato. Lo scenario che si delinea con il progressivo superamento della crisi pandemica presenta ancora forti vincoli dal lato dell’offerta, a partire dagli elementi di frizione che rallentano le supply-chain internazionali: restrizioni e tensioni geopolitiche, scarsità di input e componenti essenziali, aumento dei costi energetici e delle inefficienze logistiche, rialzi vertiginosi nei prezzi delle commodity e dei materiali chiave utilizzati nei processi produttivi. Tutto ciò contribuisce ad allungare i tempi di consegna delle vetture ai clienti finali, oltre a causare aumenti generalizzati nei listini prezzi.
Con il graduale superamento dei lockdown e le progressive riaperture di tutti i mercati globali, si è inasprita la concorrenza tra i consumatori stessi per un numero sempre più limitato di veicoli disponibili sul mercato. Il risultato è stato un sensibile aumento dei prezzi di vendita dei veicoli, attraverso i quali l’industria ha trasferito sui consumatori finali una quota non trascurabile dei rincari produttivi e logistici. In un simile contesto, caratterizzato peraltro da pressioni inflazionistiche e da rischi di nuove recessioni economiche, risulta oggi quantomai complesso prevedere l’andamento futuro della domanda di mercato.
Nell’ottica di fare luce e approfondire le intenzioni d’acquisto dei consumatori in uno scenario così incerto e complesso, Deloitte ha sviluppato per il settore Auto l’indice VPI – Vehicle Purchase Intent Index, uno strumento finalizzato a prevedere e monitorare nel tempo la percentuale di consumatori che intendono acquistare un veicolo nei prossimi sei mesi. L’indice di Deloitte conferma il trend del mercato italiano, caratterizzato da una traiettoria decrescente che porta oggi l’intenzione di acquisto a un valore minimo di circa 90 – fatto 100 il valore base rilevato a ottobre 2021.
In particolare, nel caso dei consumatori italiani, i seguenti fattori rappresentano i driver più influenti per giustificare l’acquisto di una nuova auto, sui quali produttori e distributori sono chiamati a riflettere: anzitutto l’idea che il veicolo attuale presenti costi di manutenzione e utilizzo diseconomici (28%), seguita dalle migliori funzionalità e caratteristiche dei nuovi modelli sul mercato (16%); meno determinanti ma comunque significativi risultano poi l’interesse per un veicolo più efficiente ed ecologico (13%) e il cambiamento nelle esigenze di mobilità (12%).
I consumatori italiani mostrano oggi un’elevata preoccupazione riguardo alla propria capacità di spesa a fronte di un investimento oneroso come l’acquisto di una nuova auto. Il rialzo generalizzato dei listini ha riguardato anche il comparto dell’usato, mentre i modelli ibridi ed elettrici – per quanto innovativi e capaci di suscitare un forte interesse tra gli italiani – risultano ancora proibitivi per ampie fasce di mercato, nonostante il contributo degli ecoincentivi. Al tempo stesso, i modelli tradizionali risultano penalizzati sia dagli incrementi dei carburanti sia delle incertezze legate al futuro dei motori benzina e diesel. Le case produttrici (OEM) e i loro network di distribuzione commerciale devono riflettere su come approcciare l’effetto congiunto tra le variabili esogene e i fattori di competitività interni alle aziende stesse. La domanda di mercato, per quanto accumulata nel tempo, non potrà infatti continuare ad assorbire prezzi di vendita strutturalmente più alti del passato, che possono essere compensati solo entro certi limiti dalle soluzioni di leasing e finanziamento a lungo termine.
A questa incertezza sul fronte della domanda si aggiunge poi – dal lato dell’offerta – l’imprevedibilità e la fragilità delle supply-chain globali integrate tra loro, ma ancora poco trasparenti tra i diversi livelli B2B. La disruption pandemica ne ha messo in luce i costi e le vulnerabilità. Ora spetta alle aziende escogitare soluzioni orientate non solo a incentivare le vendite future, ma anche a monitorare, gestire e controllare i fattori di rischio a livello di filiera industriale. Occorre essere preparati ad anticipare i cambiamenti e reagire alle criticità impreviste, per poter muoversi con successo in un contesto incerto e turbolento.