I materiali vengono resi disponibili mediante pubblicazione di un abstract, di un link alla rivista specialistica di riferimento e di un breve file audio di sintesi.
Il Gruppo di Studio nato nel 2020, che opera in coordinamento con alcuni componenti del Think Tank Committee di STS Deloitte, è composto da una ventina di professionisti di diverse seniority e si pone tre obiettivi: formazione, informazione e divulgazione.
La formazione è indirizzata ai membri del Gruppo e si sostanzia nella raccolta e nell’approfondimento di documentazione tributaria (dottrina, prassi e giurisprudenza) da discutere durante riunioni periodiche e strettamente attinente l’attività professionale dello Studio.
L’informazione èrivolta a tutti i colleghi dello Studio ed è perseguita attraverso l’aggiornamento continuo di un apposito database interno, che accoglie - sistematicamente e per argomento - i materiali raccolti e discussi durante le riunioni del Gruppo di Studio.
La divulgazione è il terzo ed ultimo obiettivo del Gruppo di Studio, rivolto ai clienti e agli altri professionisti del diritto tributario esterni allo Studio. Questo obiettivo è perseguito attraverso la pubblicazione da parte dei membri del Gruppo di articoli e note di approfondimento, talvolta aventi ad oggetto casi rinvenienti dall’attività professionale, su riviste specialistiche e scientifiche.
Questa sezione del sito vuole dare viva voce all’obiettivo divulgativo, attraverso la pubblicazione di file vocali che rendano fruibili in pillole gli approfondimenti tributari pubblicati dai membri del Gruppo di Studio che - in pochi minuti - avranno il piacere di condividere i contenuti tecnici dei loro lavori.
Buon ascolto!
Il Gruppo di Studio
L’art. 92, comma 6, del Tuir prevede un criterio valutativo, per i servizi in corso di esecuzione infrannuali, di tipo puntuale, il quale richiama il concetto di “costo di produzione” di matrice civilistica ed economico-aziendale.
Ove i servizi in parola fossero valutati, in ambito civilistico, secondo un criterio in base al quale viene iscritto a conto economico un valore maggiore del relativo “costo di produzione”, è consentito effettuare in dichiarazione dei redditi una variazione in diminuzione la cui giustificazione deriva unicamente dalla differente logica sottostante i criteri valutativi, civilistico e fiscale, relativi alla posta patrimoniale in questione.
In caso di trasferimento in Italia di aziende a seguito di operazioni straordinarie, quali fusioni, scissioni e conferimenti di attivo, effettuate con soggetti appartenenti all’Unione europea o Spazio economico europeo collaborativi, il valore fiscale di carico gli elementi aziendali, compreso l’avviamento, è pari al relativo valore di mercato. Il predetto valore di mercato assume rilevanza fiscale, ai fini delle imposte sul reddito, anche nel caso in cui l’avviamento attribuibile all’azienda ricevuta non sia stato iscritto nel bilancio della società...
La Risposta a interpello n. 132/2022, recentemente pubblicata dall'Agenzia delle Entrate, ci consente di fare il punto sulla natura delle clausole di garanzia negoziate dalle parti in occasione del trasferimento di partecipazioni societarie e delle relative conseguenze in tema di determinazione del reddito di impresa.
In caso di cessione di azienda comprensiva di partecipazioni l’eventuale plusvalenza insita nei beni da ultimo nominati, avente i requisiti per l’applicazione del regime di esenzione di cui all’art. 87 del Tuir, deve essere considerata totalmente imponibile a mente dell’art. 86, comma 2, del Tuir e ciò per il principio di “unitarietà” racchiuso in quest’ultima disposizione. In caso di trasferimento all’estero della residenza fiscale da parte di una società holding residente in Italia nel cui attivo patrimoniale vi siano partecipazioni pex, il regime fiscale, di esenzione o di imponibilità, applicabile all’eventuale plusvalenza racchiusa nei beni da ultimo nominati dipende dalla tipologia “pura” o “mista”, assunta, dalla società holding.
Per analizzare i principali aspetti fiscali, ai fini delle imposte sul reddito e della c.d. web tax o digital tax, delle transazioni effettuate tramite il modello di business denominato omnichannel nel caso in cui la relativa implementazione coinvolga giurisdizioni diverse, occorre verificare se il modello commerciale in concreto utilizzato dagli operatori, consistente in transazioni condotte mediante omnichannel tra Paesi OCSE, generi o meno problematiche di stabile organizzazione ai fini dell’imposizione reddituale, nonché impatti ai fini dell’imposta sui servizi digitali.
Il contributo, nonostante l’incompletezza e la parziale inesattezza, dell’analisi operata dall’Agenzia delle Entrate in riferimento al caso oggetto della Risposta n. 52 del 2021, intende esaminare la quantificazione dell’intervento necessario al fine di poter considerare stabilito in Italia un soggetto passivo estero. Ciò, in base al tenore letterale e sistematico offerto dalle norme comunitarie, dev’essere verificato a prescindere dal fatto che si tratti di individuare la rilevanza territoriale di una prestazione di servizi ovvero di individuare il debitore d’imposta per una cessione di beni ovvero per una prestazione di servizi.
Autore: Francesco Pedrotti, leggi l'articolo pubblicato su Rassegna Tributaria n. 2 del 2021
I beni appartenenti a società commerciali, a motivo della mancanza presso tali entità di una sfera “non commerciale”, sono sempre soggetti al regime fiscale dei beni d’impresa, il quale opera indipendentemente dal fatto che i beni siano utilizzati o meno nell’ambito dell’attività commerciale svolta. Pertanto, occorre determinare la plusvalenza o minusvalenza insita in tali beni solo nel momento in cui essi fuoriescono definitivamente dalla sfera imprenditoriale e non al momento in cui gli stessi beni fuoriescono dall’azienda o ramo di azienda di cui fanno parte.
La complessa interazione tra le discipline anti-ibridi di matrice internazionale (OECD BEPS Project Action 2), e di matrice unionale (Direttiva UE 2017/952 del Consiglio, 29 maggio 2017, “ATAD II”) con la disciplina “check-the-box” di origine statunitense è già da diversi anni oggetto di dibattito dottrinale. Il dibattito sembra però assumere profili critici in presenza di una remunerazione “cost plus” nell’ambito di servizi infragruppo, specie nelle giurisdizioni che hanno adottato la disciplina prevista dalla Direttiva (UE) 2017/952. Il presente lavoro ha l’obiettivo, in primo luogo, di descrivere l’interazione cui si è fatto cenno poc’anzi prendendo le mosse da un caso tratto dalla pratica professionale e, in secondo luogo, di illustrare i possibili effetti distorsivi prodotti dalla menzionata interazione alla luce della normativa anti-ibridi domestica.
L’analisi ermeneutica dell’art. 43, comma 1, del DPR n. 600/1973, alla luce dei diversi argomenti interpretativi, induce a ritenere che l’amministrazione finanziaria debba contestare un componente reddituale ad efficacia pluriennale entro il termine previsto per la rettifica della dichiarazione relativa al periodo di imposta in cui esso è stato sostenuto.
Il contributo intende esaminare gli effetti, ai fini della determinazione del reddito di impresa, di taluni elementi patrimoniali, segnatamente beni strumentali e crediti, facenti parte dell’azienda affittata argomentando il relativo trattamento tributario in un’ottica di neutralità fiscale. Il presente articolo affronta inoltre la vexata quaestio della natura dell’ammortamento deducibile ex art. 102, comma 8, TUIR, in ottica di rispetto del principio della capacità contributiva del soggetto affittuario.
La risposta ad un interpello non pubblicato ci offre l’occasione per una riflessione sul regime fiscale delle riserve di rivalutazione. Il presente contributo intende analizzare infatti tale regime e valutare la legittimità della tesi dell’Amministrazione finanziaria volta a ravvisare un presupposto impositivo nel caso di utilizzazione di tali riserve per scopi diversi dalla distribuzione o attribuzione ai soci o partecipanti.
La sentenza in commento concerne l’applicazione della Direttiva UE 30 novembre 2011, 2011/96/UE (c.d. Direttiva Madre-Figlia) a dividendi corrisposti da una società italiana alla propria controllante residente in Germania, la quale ha immediatamente ritrasferito tali dividendi alla propria controllante anch’essa non residente nel territorio dello Stato.
Nella pronuncia in oggetto, i giudici, richiamando quanto espresso dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea nelle cause C-116/16 e C-117/16, hanno disposto che il requisito del “beneficiario effettivo” non è rilevante in tali fattispecie, in quanto non espressamente prescritto dalla normativa europea e da quella nazionale. Nondimeno, viene espresso il principio secondo il quale, per tale tipologia di contestazioni, si dovrebbe procedere opponendo l’applicazione delle disposizioni in materia di abuso del diritto.