Negli ultimi anni, il settore del Private Equity in Europa e in Italia ha dimostrato una notevole capacità di generare extra-rendimenti, evidenziando un'over-performance ("alpha") rispetto all'indice FTSE IT Small Cap del 10% (risultato da una analisi rischio/rendimento su 400 fondi europei di Private Equity nel periodo 2014 Q4 – 2021 Q3). Tuttavia, i cambiamenti strutturali in corso nel settore potrebbero minacciare il successo ottenuto in passato.
Nel corso del 2023, il mercato italiano del private equity e venture capital ha registrato investimenti per un controvalore pari a 8.162 milioni di Euro, in calo del -12% rispetto al boom dell’anno precedente.
Per affrontare le sfide del settore sono necessarie strategie di allocazione degli investimenti mirate e una gestione attiva delle portfolio company, al fine di poter garantire una crescita sostenibile e raggiungere l’ambiziosa soglia di $26 tn di AUM a livello globale entro il 2026, come previsto da Preqin.
Nel 2023, i fondi di Private Equity in Europa dispongono di 338 miliardi di Euro di "dry powder", capitale non ancora investito, che rappresenta una risorsa significativa per nuove opportunità di investimento. Secondo il 75% dei professionisti del settore, il Private Equity continuerà a generare "alpha" per l'intero ciclo di investimento anche in futuro.
Per sfruttare appieno il potenziale strategico delle operazioni di M&A (fusioni e acquisizioni), indicato dal 64% degli intervistati come strategia significativa per la creazione di extra-rendimento, come emerge dalla ricerca di Deloitte, il Private Equity deve posizionarsi come un partner operativo e non solo finanziario. Questo approccio consente di migliorare la performance delle aziende acquisite attraverso la fornitura di competenze operative e strategiche. In quest’ottica, dieci strategie chiave sono state individuate al fine di generare un “alpha” sostenibile nel tempo.
Tra i meta-trend che i fondi di Private Equity possono seguire per generare valore sostenibile, la Green Technology e la Digital Transformation emergono come i più rilevanti, indicati rispettivamente dal 47,2% e dal 63,9% dei professionisti del settore intervistati. Investire in queste aree non solo favorisce la crescita delle aziende del portafoglio, ma risponde anche alla crescente domanda di soluzioni sostenibili e tecnologicamente avanzate da parte del mercato.
L’analisi condotta da Deloitte su un ampio universo di fondi Europei evidenzia come, negli ultimi decenni, il settore del Private Equity sia stato in grado di generare rendimenti assoluti ed anche performance aggiustate per il rischio per l’investitore finale superiori rispetto a quanto offerto da altre asset class investibili (azioni quotate, obbligazioni corporate, titoli di Stato e immobiliare).
Questa over-performance de-correlata rispetto all’andamento del ciclo macroeconomico (tecnicamente chiamata “alpha”) è stata raggiunta in passato anche attraverso il ricorso al debito ed al taglio dei costi. Per questo motivo, il successo raggiunto in passato non è affatto garantito per il prossimo futuro ed è minacciato da alcuni cambiamenti strutturali del settore. Per continuare a “battere il mercato” e a generare over-performance gli operatori del Private Equity dovranno quindi ridefinire rapidamente le loro strategie d’investimento, puntando in particolare sulla gestione attiva della società investita (detta “portfolio company”) per ottimizzarne la sostenibilità e la capacità prospettica di generare e non solo la redditività e l’EBITDA di breve periodo.
Nella call to action proposta da Deloitte i fondi di Private Equity dovranno puntare sempre di più su strategie di investimento differenzianti - anticipando e puntando selettivamente sui meta trend di creazione di valore globali (“smart Beta”); e focalizzandosi maggiormente sull’evoluzione del modello di business ed operativo delle società investite per una loro reale trasformazione.
In altre parole, se per il Private Equity è “qualificante” identificare correttamente i meta trend globali e definire coerentemente le proprie tesi di investimento, per la creazione di valore sostenibile e moltiplicativo risulta “vincente” il supporto del Private Equity all’imprenditore ed al management dell’azienda investita per la sua migliore evoluzione competitiva, dimostrando così di esserne il migliore proprietario per il periodo di riferimento.
Infatti, la proposta unica e distintiva del Private Equity riguarda la sua capacità di guidare (in caso di investimenti di maggioranza) o influenzare fortemente (in caso di minoranze) la trasformazione dell'azienda, necessaria per innovarsi, svilupparsi e crescere in modo redditizio e sostenibile. Per raggiungere questi obiettivi, le strategie tradizionali (aumento del debito, riduzione dei costi, incremento dell'EBITDA “trattenendo il fiato” nella fase finale) non sono più sufficienti. Per creare valore in operazioni di M&A, oltre alla capacità di saper "comprare a basso prezzo e vendere a alto prezzo" (sempre utile) diventa sempre più fondamentale il contributo come partner operativo nel “durante”. Se il valore economico creato è sostenibile e mira anche a obiettivi sociali e ambientali, il Private Equity diventerà realmente una forza per il bene comune.
Il report di Deloitte identifica dieci strategie chiave (Decalogo per la gestione attiva delle portfolio company) per gestire attivamente le aziende del portafoglio investito, focalizzandosi su un approccio olistico e integrato che va ben oltre la semplice creazione di valore finanziario.