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Ibrido, flessibile, inclusivo: il futuro del lavoro secondo Deloitte

Come lavoreremo nei prossimi mesi? Rispondere a questa domanda è ancora difficile, soprattutto a causa delle incognite legate all’andamento della pandemia, ma quello che oggi possiamo prevedere è che la maggior parte delle nostre persone, in tutto il mondo, seguano un modello di lavoro ibrido. Un modello, cioè, in cui il lavoro verrà svolto sia presso i clienti, sia negli uffici di Deloitte, sia da remoto. Un modello ibrido che si caratterizzerà non solo per l’alternanza di interazione fisica e virtuale, ma anche per la fiducia nelle nostre persone, che è il presupposto per la gestione dell'equilibrio quotidiano con cui definiremo il luogo e le modalità di svolgimento del lavoro, tenuto conto dell’area di business, del tipo di attività svolta e del ruolo ricoperto, dell’organizzazione del team oltre che delle esigenze personali dei singoli.

Con questa formula – ibrida, flessibile, inclusiva – Deloitte punta a ridisegnare il futuro del lavoro, tenendo conto dell’esperienza acquisita durante la pandemia: possiamo sfruttare la tecnologia per svolgere da remoto molte attività che prima facevamo di persona, ma ci sono anche momenti in cui l’interazione fisica con i nostri colleghi e con i nostri clienti risulta imprescindibile e fondamentale per favorire la crescita professionale delle nostre persone. Inoltre, pensiamo che un modello ibrido ci aiuterà ad aumentare l'efficienza e a ottimizzare i tempi di lavoro, ma anche a limitare le emissioni inquinanti dei viaggi e del pendolarismo. Infine, la flessibilità che caratterizza questo nuovo modello ci aiuterà anche a rispondere alle aspettative dei giovani talenti e a creare un ambiente di lavoro sempre più inclusivo e rispettoso di tutte le diversità.

Come emerge dall’ultima edizione della nostra Deloitte Global 2021 Millennial and GenZ Survey, infatti, i giovani e giovanissimi si aspettano sempre di più di poter lavorare anche da remoto o, almeno, con una formula ibrida e flessibile. Nativi digitali, per i ragazzi della generazione Millennial (1983-1994) e generazione Z (1995-2003) lavorare in smartworking sarà considerato normale: secondo il nostro sondaggio realizzato nel 2021 a livello globale, infatti, un quarto dei Millennial e il 22% della GenZ ha affermato che, dopo la pandemia, vorrebbe lavorare in ufficio “da poco a molto meno spesso”. Allo stesso tempo, i giovani intervistati dimostrano di essere contenti di poter tornare anche a lavorare in ufficio, a condizione che l’ambiente di lavoro sia sicuro.

Per quanto riguarda i giovani italiani, la flessibilità è di gran lunga la caratteristica più importante per il 50% dei Millennial e il 39% dei GenZ. Inoltre, con il rientro progressivo delle nostre persone e l’ingresso di nuovi giovani, sarà richiesta sempre più attenzione al tema della salute mentale – soprattutto in tempi di pandemia. Dalla nostra ricerca emerge che i Millennial italiani sono meno aperti con i loro datori di lavoro sulla loro salute mentale rispetto alla media globale: più di due terzi (68%) tra quelli che riferiscono di essere più stressati a causa della pandemia non hanno parlato ai propri datori di lavoro del loro stress mentale. E sia i Millennial sia i GenZ italiani riferiscono che il loro datore di lavoro non ha fatto abbastanza per la loro salute mentale.

Un monito che come Deloitte abbiamo colto per disegnare un futuro del lavoro non solo più flessibile, ma anche più inclusivo, attento alle esigenze delle nostre persone e capace di valorizzare tutti i talenti.