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Il Covid ci ha fatto capire l’importanza della ricerca

Ora dobbiamo investire di più su donne e scienza

L’11 febbraio è la giornata internazionale delle donne nella scienza. Una celebrazione mondiale che ci ricorda l’importanza dell’inclusione delle ragazze nei percorsi di studio e carriera tecnico-scientifici. Un terreno su cui l’Italia può crescere molto: solo un quarto degli iscritti a facoltà Stem oggi è donna. E solo il 27% del totale degli universitari italiani è impegnato in percorsi di studio tecnico-scientifici.
 

Il Covid spinge i nuovi corsi in medicina e lauree Stem. Dalle proposte di nuovi corsi di laurea che le università italiane hanno presentato al Cun (Consiglio Universitario Nazionale), emerge che tra i pochi “effetti collaterali” positivi della pandemia in corso c’è la presa di coscienza dell’importanza della ricerca scientifica e un conseguente aumento dell’offerta formativa Stem negli atenei italiani. Una notizia positiva, perché se c’è qualcosa che è diventato evidente a tutti con il Covid-19 è che in futuro, la competizione globale sarà tutta incentrata sulla capacità di innovazione scientifica e tecnologica.

Un terreno su cui l’Italia può crescere molto: caratterizzata da poli di eccellenza assoluta, ma anche da altissimi tassi di “fuga dei cervelli”, il nostro Paese fa ancora troppo poco per incentivare la cultura tecnico-scientifica tra i nostri giovani. Come dimostrano i risultati della ricerca della Fondazione Deloitte, nel 2019 soltanto il 27% percento dei nostri immatricolati universitari era iscritto a un corso di laurea Stem. E di questo 27% solo un quarto era costituito da ragazze. Un gender gap ancora molto consistenze e che, pure, non ha niente a che vedere con le capacità o le propensioni di maschi e femmine: secondo i dati raccolti dalla nostra ricerca, infatti, le studentesse impegnate in percorsi universitari Stem si laureano con voti di laurea mediamente più alti e in meno tempo dei loro colleghi maschi.

Eppure, le donne che lavorano in ambito scientifico, oggi, sono ancora una minoranza. Una situazione paradossale, in un Paese che oggi sfiora il 30% di disoccupazione giovanile e che, nel solo mese di dicembre 2020, secondo Istat, ha prodotto 101 mila nuovi disoccupati, di cui 99 mila donne. Un dato preoccupante che ci deve spingere a riflettere sulla necessità di cambiare rotta, investendo con più decisione su donne e scienza in modo da colmare quel gap occupazionale che, secondo la nostra ricerca, porta quasi un’azienda su quattro (23%) a non trovare i profili professionali Stem di cui ha bisogno.

Cybersecurity, tecnologie biomediche, robotica e intelligenza artificiale: basta fare pochi esempi per capire quanto è importante che l’Italia investa in istruzione e ricerca Stem e includa le ragazze in questo ambito strategico. Cosa ancora più importante: oggi abbiamo la possibilità di trasformare questo proposito in azione concreta, grazie alle risorse del Next Gen Eu.

Non dobbiamo disperdere questa opportunità. Sarebbe un grande spreco di talenti e di risorse. Sarebbe una partita persa per tutti: per le donne, per la scienza e per il Paese.