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2021 Global Health Care Outlook

Alla sanità del futuro servono nuovi modelli di cura

In tutto il mondo la pandemia ha messo alla prova i sistemi sanitari nazionali, accelerando la necessità di un cambiamento radicale su più fronti. Vengono richieste trasformazioni nel modo di lavorare ed erogare servizi da parte degli operatori e delle organizzazioni sanitarie. Allo stesso tempo, le aspettative e i comportamenti dei pazienti e degli individui continuano a cambiare in quanto fanno sempre maggiore affidamento su tecnologie digitali e cercano nuovi modelli di cura.

Quello descritto nell’edizione del 2021 Global healthcare outlook, studio che Deloitte propone ogni anno per illustrare i principali trend e le sfide per il mondo della Sanità nei mesi a seguire, è un quadro che si è delineato con decisione a causa della diffusione del virus e la crescente consapevolezza delle sfide che occorre affrontare. Partendo dalle lezioni apprese e dalle aree di intervento che la pandemia continua a mettere in luce, il 2021 può diventare l’occasione per meglio indirizzare il processo di trasformazione dei sistemi sanitari verso quelle aree ritenute più critiche: maggiore digitalizzazione, trasformazione del lavoro, sviluppo di una nuova patient experience, nuove collaborazioni, innovazione nei modelli di cura e maggiore consapevolezza dei cambiamenti socioeconomici in corso.

Tra queste aree, tutte di chiaro valore per il settore, sicuramente un ruolo significativo va riconosciuto al necessario rinnovamento dei modelli di cura, tradizionalmente costruiti attorno a chi fornisce il servizio anziché all’utente finale, ai suoi effettivi bisogni e aspettative: si sono creati processi analogici, frammentati e ridondanti, che rischiano di trasformarsi in perdita di efficacia ed efficienza nell’erogazione stessa del servizio.

Se dunque rinnovare i modelli di cura diventa necessario, l’Outlook di quest’anno propone alcune “linee guida” che possono fornire spunti ed elementi di riflessione per il sistema sanitario, anche italiano. Occorre in primo luogo rimettere al centro del processo di cura il paziente e l’individuo. È un aspetto che, più in generale, è stato stressato molto negli ultimi anni, in particolare in altri settori, ma che risulta quanto mai rilevante oggi per l’ambito sanitario. Bisogna adottare una visione “olistica” dell’individuo, allargando lo spettro dei servizi anche ad aree tradizionalmente escluse, come ad esempio quelle più “emozionali” e legate alla salute mentale, senza dimenticare anche quegli aspetti socioeconomici che sappiamo essere importanti determinanti dello stato di salute delle persone: educazione, occupazione, alimentazione, inclusione sociale. Bisogna cominciare a ragionare in termini di prevenzione e mantenimento del benessere della persona, piuttosto che limitarsi ad intervenire nelle fasi di malattia acuta. L’adozione di questo nuovo approccio olistico e incentrato sull’individuo e i suoi bisogni richiede a chi eroga le prestazioni sanitarie di fornire servizi non più standardizzati, ma sempre più personalizzati, in grado di dialogare anche con attori non tradizionali, dal settore retail ai luoghi di lavoro e alle scuole, coinvolgendo potenzialmente l’intera rete di relazioni che un individuo può instaurare per la gestione della propria salute: si tratta di un vero e proprio “ecosistema salute” allargato, all’interno del quale il paziente si muove senza soluzione di continuità. È chiaro che per fare questo non occorre solo un cambio di mindset, sicuramente importante, ma occorre ripensare di conseguenza processi e strumenti che possono abilitare e rendere possibile questo cambio di approccio. È qui che intervengono tecnologie digitali, automazione e nuovi modelli di collaborazione, che diventano strumenti a supporto della trasformazione a cui le organizzazioni sanitarie devono andare incontro.