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L’automotive alla prova della sostenibilità

Opportunità e sfide verso una mobilità più green

La transizione verso forme di mobilità sempre più elettriche e green è di sicuro uno dei trend destinati ad affermarsi in futuro. Ma se i rappresentanti istituzionali e gli esponenti di tutta la filiera automobilistica tendono a concordare su questa premessa, sono invece controverse le tempistiche e le modalità di attuazione di questa grande trasformazione.

Per capirne l’origine, bisogna guardare agli accordi di Parigi del 2015, sottoscritti da 196 Paesi a livello globale, e considerati la base programmatica degli impegni ambientali per abbattere le emissioni di gas serra, migliorare la qualità dell’aria e raggiungere l’obiettivo di neutralità climatica entro il 2050. È su impulso di questi accordi che anche il settore automotive ha iniziato la sua transizione verso i veicoli elettrici, che, così, sono diventati uno degli asset chiave della strategia ambientale di lungo periodo della comunità internazionale. Ma non solo: oltre agli accordi di Parigi, anche l’Unione Europea sta spingendo molto in questa direzione e prevede, ad esempio, che si raggiungeranno 30 milioni di veicoli a emissioni-zero in circolazione entro il 2030. A questo punto, per i regolatori non è più una questione di “quando” bensì di “come” raggiungere questi obiettivi.

In particolare, gli opinion leader della filiera automobilistica pongono l’attenzione su due nodi. Il primo riguarda l’importanza di un approccio technology-neutral, volto a promuovere tutte le tecnologie (ad esempio elettriche o fuel-cell a idrogeno) in grado di raggiungere il duplice obiettivo della sostenibilità ambientale ed economica attraverso un modello zero tailpipe emission, fondato cioè sull’azzeramento di tutte le emissioni inquinantiprodotte dal sistema propulsivo. Questo concetto è alla base del quadro legislativo europeo, che pone l’enfasi sugli obiettivi di performance ambientale piuttosto che su una specifica tecnologia per raggiungerli.

La sfida è ambiziosa ma complessa, poiché incide sia su un tema di adeguamento delle infrastrutture, sia sulle scelte industriali delle imprese, che si stanno orientando secondo tre principali tendenze di sviluppo: BEV (Battery-Electric Vehicle), PHEV (Plug-In Hybrid Electric Vehicle), FCEV (Fuel-Cell Electric Vehicles). Si stima ad esempio che a livello europeo, per sostenere il mercato dei veicoli elettrici, occorrerà raggiungere una copertura pari ad 1 milione di punti di ricarica pubblici entro il 2024 e 3 milioni entro il 2029 (fonte: ACEA). Al tempo stesso, sia il potenziamento delle infrastrutture che l’evoluzione tecnologica dei sistemi propulsivi potranno essere accelerati dalle numerose opportunità di innovazione e collaborazione con le aziende più innovative del mercato, attraverso nuove partnership e sinergie con i player tradizionali.

Un secondo ma non meno importante aspetto riguarda le tempistiche con cui l’industria automobilistica potrà realisticamente raggiungere i target ambientali. Le attuali condizioni del mercato, insieme alla complessità del cambiamento tecnologico in atto, rendono il 2030 un limite temporale molto più vicino di quanto non sembri. Anche in questo caso, la sfida consisterà nel conciliare le diverse prospettive degli attori pubblici e privati. Da un lato, gli esponenti istituzionali sottolineano come queste tendenze siano state ampiamente anticipate negli anni dal legislatore, come dimostra il fatto che alcuni player di mercato si sono dimostrati più reattivi e preparati di altri ad affrontare il cambiamento.

Dall’altro lato, diversi rappresentanti della filiera automotive concordano sul fatto che le fasi e i vincoli previsti dalla regolamentazione devono essere coerenti con i tempi richiesti dalla pianificazione degli investimenti e da una profonda riconversione dei molteplici comparti industriali. Essi sottolineano come alle imprese serva un orizzonte temporale più esteso per poter ammortizzare gli investimenti pluriennali già sostenuti nello sviluppo di determinate piattaforme tecnologiche e a maggior ragione dopo l’impatto del Covid-19. L’impatto sulla filiera industriale è infatti evidente se si pensa che, in media, un veicolo elettrico richiede circa il 40% di componenti in meno rispetto ai modelli a combustione interna. Inoltre, prendendo ad esempio la filiera della componentistica italiana, circa 6 aziende su 10 dichiarano oggi di essere ancora posizionate sui motori diesel (59,4%) e/o benzina (55%) come principale attività di business (Fonte: ANFIA, Osservatorio sulla componentistica automotive italiana 2020).

In sintesi, quella della sostenibilità è una tematica complessa, che non si limita a porre problematiche di tipo ambientale, ma genera anche importanti sfide di natura politico-istituzionale e socio-economica. Sfide che richiedono strategie all’altezza della portata “disruptive” del cambiamento in atto.

Questo contributo è basato sul PoV “Sfide e scenari evolutivi per la mobilità elettrica”, esito del primo “Automotive Virtual Think Tank” organizzato da Deloitte Italia. All’evento hanno partecipato Alfredo Altavilla (Presidente di Recordati, Senior Advisor di CVC Capital Partners e Consigliere di Telecom Italia), Alberto Di Tanno (Presidente e AD di Gruppo Intergea), Maurizio Maggiore (DG Ricerca e Innovazione della Commissione Europea), Paolo Scudieri (Presidente di ANFIA e AD di Gruppo Adler).