«Adesso che l’Italia deve decidere dove investire le importanti risorse attese con il Recovery Fund, il settore A&D deve essere messo al centro della strategia di rilancio del nostro Paese». Così Gianluca Di Cicco, Workforce Transformation Leader di Deloitte, commenta i dati del report From now on - Sfide e opportunità per il settore Aerospace & Defense. Fotografia del comparto aerospaziale dopo il Covid-19, lo studio della società di consulenza mette in evidenza le difficoltà, ma anche le opportunità per il settore.
Duramente colpito dalle restrizioni imposte dalla pandemia Covid-19, il comparto aeronautico rischia di entrare in crisi in assenza di investimenti adeguati. Infatti, secondo il Global State of the Consumer Tracker di Deloitte (uno studio a cadenza quindicinale sul sentiment dei consumatori condotto a livello globale), in Italia, a fine luglio 2020, solo il 22% delle persone prevede di prendere un volo domestico nei prossimi tre mesi e solo il 14% ha in programma un volo internazionale. Un crollo senza precedenti del traffico aereo che, unito agli effetti sulle supply-chain globali, ha avuto pesanti ripercussioni sulla produzione aerospaziale sul piano operativo, finanziario e logistico.
«A fronte di un trend così negativo, è difficile immaginare che senza un sostegno attivo da parte dello Stato il settore aeronautico possa andare incontro al rilancio auspicato», commenta Di Cicco. Piò ottimismo, invece, per quanto riguarda la produzione aerospaziale, che dipende da investimenti in R&D di lungo periodo e subisce meno le fluttuazioni congiunturali portate dal Covid-19.
In totale, l’indotto generato dall’industria aerospaziale comprende oltre 4.000 aziende, il 90% delle quali ha meno di 50 dipendenti, ma che, da sole, sono in grado di generare un indotto complessivo di 13,5 miliardi di euro (0,65% del Pil). Il valore aggiunto complessivo del comparto vale circa 12 miliardi di euro. E sono oltre 159.000 i posti di lavoro creati dal settore. A questi elementi, si aggiungono stime secondo cui il moltiplicatore economico delle imprese del settore sarebbe pari a 2.6, ben il 71% in più rispetto alla media dell’economia italiana. Tradotto: per ogni euro di valore aggiunto creato dal settore, si genererebbero 1,6 euro addizionali di valore aggiunto nell’economia.
Fortemente dipendente dalla domanda estera – a cui è destinata oltre il 70% della produzione –, l’industria aerospaziale italiana per innovare, in media, investe il 10% del proprio fatturato in R&D, per un totale di 1,4 miliardi di euro. Livelli di investimenti molto elevati, che nei prossimi mesi e anni dovranno essere sostenuti dallo Stato per non perdere efficacia.
«Colpita dalla pandemia in maniera severa, l’industria aerospaziale italiana deve essere supportata in quanto asset strategico, altrimenti rischiamo di perdere know-how e competenze, ovvero competitività nei confronti di realtà affermate come Francia, Regno Unito e Germania – con possibili danni economici di lungo periodo», spiega Di Cicco.
«Una strategia da adottare è quella di favorire la diversificazione delle aziende dell’indotto, sia per quanto riguarda i clienti, sia per quanto riguarda i prodotti. Spesso “monocliente”, imprese di questo tipo, in caso di crisi come quella scatenata dal Covid-19, rischiano di chiudere i battenti. Diversificando, invece, possono diventare più resilienti e superare i momenti di difficoltà. Ma per evitare di perdere competitività», conclude Di Cicco, «sarà anche necessario canalizzare investimenti in ricerca ed innovazione, valorizzando le tecnologie sia militari sia civili e favorendo un rafforzamento manageriale e industriale delle aziende del settore».
DELOITTE
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